Definire i confini della Fusion, in relazione al fenomeno evolutivo del jazz non è affatto un operazione semplice. Infatti a delineare tale quadro musicale, furono fattori non strettamente musicali ma anche sociali. Di sicuro la Fusion si è sviluppata subendo cambiamenti repentini e forzate influenze nel decennio che va dal 1970 al 1980.
La fine degli anni 70 segnò un momento molto importante, per tutta la musica in generale. In essa si rifletteva la voglia di cambiamento, la rivoluzione contro l’ordine costituito. Lo abbiamo già detto quando abbiamo parlato delle origini del Funky. Sul finire degli anni sessanta negli Stati Uniti, la comunità Afro Americana incominciò a far sentire la propria voce con maggiore incisività. Era forte, in quel periodo, il senso di solidarietà che legava la comunità Afro-Americana ai moti del Sud Africa generati dall’ Apartheid.
Ad un tratto il rancore si affievolisce e nei primi anni settanta, la repentina sconfitta dei movimenti neri provoca la spolicitizzazione di tantissimi musicisti, impegnati nelle battaglie sociali degli anni sessanta. Nonostante tutto in questa nuova era, senza disconoscere i valori del Free Jazz, la musica Afro-Americana continua la sua ricerca stilistica e musicale. Ma lo fa senza manifestare quella furia e a volte quella cattiveria mista ad un atteggiamento provocatorio che aveva caratterizzato il decennio appena trascorso.
Fusion e Jazz Rock: Miles Davis e Bitches Brew
Il termine Fusion mi appassiona molto. Non a caso in questo momento sto ascoltando uno dei miei album preferiti “Bitches Brew“. Si tratta di un album pubblicato dalla sony nel 2011. Questo album raccoglie due concerti di Miles Davis uno tenutosi al Jazz Festival di Newport negli States il 5 luglio del 1969, l’altro invece in Gran Bretagna l’anno successivo (1970) sull’ isola di White.
Al festival di Newport accompagnarono Miles: Chick Corea al fender rhodes, Dave Holland al basso e Jack DeJonett alla batteria. In realtà il quartetto doveva essere un quintetto con la presenza di Wayne Shorter. Purtroppo il sassofonista rimase bloccato nel traffico di Newport.
L’anno successivo, nel concerto tenutosi all’Isoladi White, Miles sale sul palco con i seguenti musicisti: Gary Bartz sax soprano e alto sax, Chick Corea piano elettrico, Keith Jarret organo elettrico, Dave Holland basso, Jack DeJonette batteria e Airto Morena alle percussioni. Questo secondo concerto è presente anche in uno dei più famosi documentari sulla Vita di Miles, in cui vi è anche la partecipazione speciale di Carlos Santana.
Questi due concerti esprimono al meglio il concetto di Fusion di quei tempi. Tempi in cui era molto difficile comprendere la Fusion se prima non si da uno sguardo al Jazz Rock.
Che cos’è il Jazz Rock
Il Jazz Rock è il frutto della sperimentazione evolutiva propria del jazz. Anche se bisogna sottolineare che sul piano del successo di massa, in quel periodo furono tantissime le tendenze che dominarono le scene, risquotendo ampio successo a festival e concerti oppure nella vendita di dischi.
Dalla fine degli anni sessanta è proprio il jazz rock a dominare quantitativamente la scena del jazz. Il jazz Rock fu uno dei fenomeni più redditizi per la cultura Afro Americana, soprattutto dal punto di vista discografico. Grazie agli sconfinamenti del jazz nella musica popolare, il seguito di fans fu talvolta numericamente paragonabile al seguito che ebbe lo swing molti decenni prima. La caratteristica particolare del Jazz Rock risiede nel fatto che, questo genere musicalmente apparteneva agli Afro Americani, ma allo stesso tempo era un genere molto amato dai bianchi. Questo genere musicale fu fortemente interraziale, quindi è abbastanza arduo dargli una collocazione precisa in termini di patrimonio etnico culturale. Il jazz rock negli anni settanta era uno dei generi più ascoltati dalla massa. Per questa ragione venne offuscata l’immagine di stili ancora in auge, come il Free Jazz o l’Hard Bop. Tuttavia il Jazz Rock non fu solo un fenomeno di speculazione commerciale, propria di case discografiche e music manager. Infatti è anche il frutto di una presa di coscienza da parte di tantissimi musicisti, che non possono fare a meno di sentire i nuovi stimoli socio culturali dell’epoca. I suonatori Americani, non possono non tener conto di quell’enorme fenomeno giovanile, artistico, musicale che è rappresentato dal rock.
La Fusion e le sue sfaccettature
In questo quadro si può delineare l’ambito di esistenza della fusion, intesa come un ibrido tra Rock, Soul, Hard Bop e alri generi consumisticamente orientati. Nella fusion infatti si susseguono stili eterogeni, caratterizzati dall’insistenza ritmica. Dal punto di vista del suono tutto si giocava, sugli effetti da donare al Timbro. Questo era potenziato dal volume d’ascolto, grazie alle esagerate amplificazioni dal vivo e alle ingegneristiche elettrostrutture proprie degli studi di registrazione. Con la Fusion, anche nel Jazz diventano preponderanti gli strumenti elettrificati. Irrompono i sintetizzatori e gli effetti analogici. Molto spesso nei concerti il volume era portato alla soglia limite del rumore, a discapito della finezza stilistico esecutiva dei grandi virtuosi del Jazz. In questo periodo non si può piu parlare di Jazz nero o bianco. Infatti i punti di incontro sono maggiori delle divergenze stilistico musicali.
Musicisti e case discografiche del periodo Fusion
Tra i precursori della Fusion si annoverano: Don Ellis, Gary Burton (vibrafono), Cannonball Adderley (sax) e Roland Kirk. Ma di sicuro il più grande Band Leader in ambito fusion fu sicuramente Miles Davis. Nelle sue formazioni si sono alternati fortissimi hardboppers e straordinari solisti che poi hanno creato proprie formazioni che hanno scritto pagine importanti della storia del jazz. Joe Zawinul e Wayne Shorter con i Weather Report, Chick Corea con i Return To Forever, John McLaughlin con la Mahavisnhu Orchestra, Herbie Hancock con gli Headhunters e Tony Williams con i Lifetime. In questo periodo la Fusion viene distinta in due filoni. La Fusion Jazzistica e la Fusion Parajazzistica. Questa distinzione crea una ulteriore linea di differenza tra le case discografiche del momento. La CTI records aveva una tendenza conservatrice del virtuosismo dei grandi Jazzisti, analogamente alla Columbia o Atlantic Records. Fu la Motown invece ad incidere i più bei dischi per il pubblico di massa.